Oltre le opere e gli artisti
La storia dell’arte, e l’arte in generale, non sono fatte soltanto da opere e artisti, ma anche da tutta una serie di figure chiave che hanno contribuito a far loro da tramite per raggiungere il pubblico.
Stimatori, critici, mercanti d’arte sono coloro che da sempre hanno dato risalto a questo fantastico mondo.
Nel corso degli anni tutte queste figure sono evolute, confluendo in quella del gallerista, che spesso e volentieri le racchiude, se non tutte, in buona parte.
A fine Ottocento, con il proliferare di fiere ed esposizioni, il mercato dell’arte progredisce.
Aumentano i collezionisti e di conseguenza molte gallerie aprono i battenti.
Questi diventando centri di spicco per la diffusione di nuove tendenze artistiche d’avanguardia, grazie soprattutto ai loro galleristi.
Alcuni tra i nomi più celebri comprendono il francese Paul Durand Ruel, tra i primi sostenitori dei famosi “impressionisti”.
Inoltre, ricordiamo Ambroise Vollard e Henry Khanweiler, pionieri dello studio e delle analisi accurate sulle opere prima di venderle.
Peggy Guggenheim e il suo intuito
Seguendo le orme del secolo precedente, anche il Novecento è attraversato da innumerevoli personaggi di spicco del mercato artistico.
Però, la gallerista che più di tutti ha fatto la storia in questo campo è sicuramente Peggy Guggenheim.
La sua forte personalità ed il suo continuo destreggiarsi all’interno degli ambienti artistici europei ed americani, l’hanno resa una delle più grandi collezioniste e galleriste di tutti i tempi.
Nata a New York nel 1898, Marguerite Guggenheim non ebbe una vita facile, seppur caratterizzata da agiatezza.
Trascorre l’infanzia blindata nei lussuosi palazzi di New York, di cui la famiglia era proprietaria.
La perdita del padre nel naufragio del famoso Titanic e i maltrattamenti inflittale dal primo marito, lo scrittore Laurence Vail, sono solo alcune delle tante sventure che caratterizzarono l’esistenza di questa ricca ereditiera.
Peggy si affaccia al mondo dell’arte alla fine degli anni Trenta.
Nel 1938, a Londra, Peggy Gugghenehim apre la sua prima galleria, Guggenheim Jeune.
Si tratta di uno spazio in cui ad essere ospitati sono artisti emergenti del panorama delle avanguardie come Vasilij Kandinskji e Yves Tanguy, oltre ai già conosciuti Picasso, Braque, Ernst, Brancusi e numerosi altri.
Lo spazio rimane attivo fino al 1941, quando, con l’avvicinarsi del conflitto mondiale, la gallerista fa ritorno in America.
A New York viene inaugurata, nel 1942, Art of this century, una galleria che ospita nuovamente molti artisti emergenti, tra cui spicca Jackson Pollock.
In poco tempo la Gugghenheim diventa una sorta di protettrice di Pollock e gli fornisce uno stipendio fisso.
La cosa risulta del tutto inusuale all’epoca e sintomo di una spiccata sensibilità rivolta soprattutto al conferire degno riconoscimento alla professione di artista.
Un altro grande merito di Peggy Gugghenheim è senz’altro l’aver fatto incontrare l’arte americana di quegli anni con l’avanguadia europea.
In particolare il Surrealismo, scatenando un’inevitabile influenza dell’una sull’altra.
La Biennale del 1948
Con la fine del conflitto mondiale, la Guggenheim fa ritorno in Europa, portando la sua collezione d’avanguardia in esposizione alla prima Biennale del dopoguerra, nel 1948.
Le opere in mostra danno uno scossone a tutto il panorama artistico europeo, al tempo rimasto più indietro rispetto alle avanguardie americane ma terreno fertile per un progresso.
La collezionista decide di stabilirsi da quel momento in poi proprio a Venezia.
Qui contribuisce a rafforzare il prestigio della città, sotto il profilo artistico contemporaneo.
In poche parole, viene data voce all’arte contemporanea emergente.
Quel giorno al Caffè dell’Angelo a San Marco
Resta celebre l’episodio dell’ingresso della Guggenheim nell’ambiente artistico veneziano, che lei amava frequentare.
Questo venne infatti trascritto nei suoi diari da Emilio Vedova, che vi partecipò in prima persona.
Gli artisti veneziani erano soliti ritrovarsi al Caffè dell’Angelo a San Marco.
Qui un giorno videro apparire una signora americana con dei cagnolini pechinesi al seguito.
La signora si sedette accanto a Vedova e gli mostrò una scatola di fiammiferi su cui aveva fatto annotare proprio il suo nome: Emilio Vedova.
L’artista non la riconobbe e non riuscì neppure a comunicare con lei, dato il suo inglese maldestro.
Tuttavia, fortunatamente, arrivò in suo soccorso Giuseppe Santomaso, altro pittore veneziano, il quale, sempre attento e aggiornato, si avvicinò e la identificò.
Ebbe così inizio una delle pagine più celebri dell’arte e della storia dei galleristi e del collezionismo europei.
A Venezia, al Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, dove tutt’oggi è collocata la collezione di Peggy Guggenheim, si sviluppa negli anni a seguire un salotto artistico e letterario in fermento.
Ciò che rende unica la figura di questa importante gallerista non è soltanto il fatto di aver sostenuto economicamente l’arte emergente di quegli anni e di avergli dato una collocazione all’interno del panorama contemporaneo.
Piuttosto, e soprattutto è l’aver saputo stabilire un rapporto personale e fruttuoso con gli artisti, inserendosi direttamente nel loro mondo.
Peggy Guggenheim non amava giudicare le opere d’arte
Piuttosto voleva valorizzare attraverso di esse i messaggi che ognuno degli artisti non avrebbe saputo esaltare ricorrendo soltanto ai propri mezzi.
Questa è stata la forza dell’operato della Guggenheim: saper sostenere l’arte senza tuttavia imporsi in maniera sistematica, divenendo così una figura di riferimento da cui è possibile tuttora apprendere.
Peggy Guggenheim scompare nel 1979 a Venezia, una città essa stessa forgiata dall’attività di questa straordinaria personalità, che il mondo artistico attuale non può far altro che emulare sapientemente.
Questo articolo è stato realizzato da Irene Parentini laureanda in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni culturali presso l’ Università Ca’ Foscari di Venezia.
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