“L’estate sta finendo e un anno se ne va” dice la storica canzone del 1985 del duo Righeira.
Ed è vero, salvo fortunati casi, i vacanzieri sono rientrati e, lentamente, le città stanno riprendendo le loro attività.
Per il mese di settembre, abbiamo perciò pensato di presentarvi, in due articoli di blog, il paesaggio urbano reinterpretato da due nostri artisti, iniziando dal talentuoso Bardhyl Alibali.
Ma procediamo con ordine.
Cosa s’intende per paesaggio?
Il paesaggio è la rappresentazione di uno scenario naturale non subordinato alla descrizione di una storia.
Eventuali figure raffigurate hanno solo lo scopo di animare lo scenario.
Le tecniche di realizzazione della composizione paesaggistica possono essere molteplici: pittura (murale o da cavalletto), scultura (rilievo), mosaico, tecniche fotografiche o cinematografiche, virtuali.
Ovviamente non esiste un’unica tipologia di paesaggio:
– marina, montano, campestre (soggetti che rappresentano mare, montagna, campagna),


– veduta (luogo riconoscibile),

– urbano (città che non si può riconoscere)

Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Due elementi sono fondamentali nel dipinto di un paesaggio: la funzione comunicativa e lo spazio.
La funzione comunicativa non è mai una sola.
Esistono, infatti, la funzione comunicativa emozionale (quando il paesaggio suscita sentimenti), provocatoria (quando origina senso di anormalità e bizzarria) ed estetica (quando ne evidenzia la sua bellezza).
Lo spazio, invece, viene realizzato principalmente con la tecnica della prospettiva, concetto che varia nel tempo.
Fino al 1400 la prospettiva era intuitiva, dal Rinascimento in poi risultava lineare-geometrica e, nell’età contemporanea, le regole prospettiche sono diventate più libere.
Il paesaggio urbano di Mario Sironi
Un esempio della forza scaturita dalla rappresentazione paesaggistica risiede in un’opera in particolare di Mario Sironi, uno dei capostipiti, nel 1922, del movimento artistico del Novecento a Milano.
Il dipinto, generalmente intitolato “Paesaggio urbano”, come viene nominata la maggior parte delle sue produzioni, presenta al meglio la potenza artistica di questo notevole pittore.

Tralasciando il suo fervore per il movimento fascista, fatto che riguarda esclusivamente l’uomo e non l’artista, Sironi esprime un inconsueto e dirompente linguaggio che privilegia la potenza del tratto e della materia pittorica.
Il paesaggio del quadro è molto diverso da quello dei suoi lavori dei primi anni, basti vedere il paesaggio urbano del 1924 riportato in precedenza.
I colori non sono più naturalistici ma screziati, fangosi, legati a un qualcosa di profondo che contribuisce al fascino della pittura matura di Sironi.
Le forme sono stilizzate, quasi scolpite sulla superficie del supporto.
La composizione pare rivestita da una caligine densa, quasi palpabile.
La scansione degli elementi crea un particolare ritmo che conduce lo sguardo dell’osservatore verso destra, dove è riconoscibile un’angusta abitazione vicino a tre ciminiere simili alle canne di un vecchio organo.
I binari che attraversano diagonalmente il dipinto creano un legame tra i due campi da essi creati, come si rivela nello sconfinamento del secondo binario nel quinto.

Nella produzione di Sironi rientrano moltissimi elementi, sia del quotidiano che della natura ma è la ricerca di espressione il suo vero leitmotiv, particolarmente visibile quando si confrontano elementi identici di quadri diversi.
Mai si troverà uno stesso elemento trattato nello stesso modo.
Nelle opere di Mario Sironi non è in nessun caso presente la descrizione ma una interpretazione interiorizzata delle cose.
Sironi, grazie alla sua arte, è diventato uno dei massimi rappresentanti del filone espressionista che ha attraversato la storia della pittura, fino dai grandi artisti italiani del Trecento, come i soggetti religiosi di Giotto o le opere di Ambrogio Lorenzetti, il tutto in un catalogo espressivo fatto di strati, addensamenti, incrostazioni, universi materici.
Le prospettive urbane di Bardhyl Alibali

Bardhyl Alibali è un artista di origini albanesi.
Giovanissimo si avvicina all’arte e si specializza in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Tirana.
In un secondo momento si trasferisce in Italia, a Firenze, dove frequenta l’Accademia e dove tutt’oggi vive e lavora.
La sua attuale produzione si apre a possibilità molto più ampie rispetto agli inizi, abbandonando i virtuosismi e le esteriorità per concentrarsi sulla resa volumetrica e sulla reale essenza dei suoi soggetti.
Il tratto si fa più ampio e pastoso, mette da parte i pennelli e inizia ad utilizzare la spatola, attratto dalle sue infinite possibilità di resa luministica.
Una febbrile attività espositiva ha imposto Alibali all’attenzione di amatori, collezionisti e addetti ai lavori di tutto il mondo.

Riprendendo l’interpretazione emotiva da Mario Sironi, anche Bardhyl Alibali non è interessato alla mera resa fotografica dei paesaggi che ritrae.
I suoi colori netti e decisi, quasi violenti, sono i protagonisti assoluti dell’opera, nonché gli unici elementi che strutturano e animano la superficie del dipinto, come se ognuno di essi fosse una percezione o uno stato d’animo momentaneo che concorre a plasmare l’immagine raffigurata.
La resa realistica dell’oggetto è sostituita dalla visione che ne dà l’artista dopo averla filtrata attraverso la sua sensibilità, con impressioni materiche in cui il colore struttura le forme e modula lo spazio, in una infinita sequenza di vibrazioni e movimenti, che donano corpo, anima e vita.